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L’incoronazione di David, il mistero della corona “Charlemagne”

Care amiche, amici e appassionati di storia,

è da molto tempo che non faccio sentire mie notizie. I motivi sono molti, ma sappiate che la passione per questa storia non è passata, e la vivo intensamente ogni giorno cercando di fare la mia parte.

Ci tenevo a scrivere un altro articolo per cercare delle risposte ad un mistero che ad oggi è ancora irrisolto.

Avete presente il dipinto di David, l’incoronazione? Sì, quello dell’immagine di copertina. Ecco, la domanda che faccio anche a voi oggi è: dov’è la mia corona in quel dipinto? 

Penserete che sono impazzito. Ma non sto parlando della corona d’alloro che mi cinge il capo, e neanche della corona che tengo in mano e che sto per porgere sulla testa di Giuseppina.. quella era la sua! Sto parlando della Charlemagne, la corona che ho fatto fare apposta per la cerimonia.

Ebbene, la corona in questione è presente nel dipinto, e se non riuscite a trovarla guardate l’immagine successiva.

Vedete? lì, tra i miei fratelli. È proprio lei non è vero?

Ora, la domanda sorge spontanea e non ho trovato risposta né tra i miei ricordi né tra le risorse in rete. Pensate che nel 2021 alla mostra organizzata a Parigi per il bicentenario dalla mia morte, a La Villette, hanno creato un bellissimo schermo con un’analisi eccezionale del dipinto, mettendo in evidenza tutti i regalia.. tranne quella corona. Perché secondo voi? Sono l’unico a sapere della sua esistenza? E perché David l’ha messa laggiù?

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Buon Compleanno (e non solo) Napoleone! 

Nacqui il 15 agosto 1769, giorno dell’Assunta, intorno a mezzogiorno. Mia madre era una donna forte fisicamente e moralmente e aveva affiancato mio padre nella guerra che si stava combattendo sull’isola, anche se era incinta. In quel giorno di festa volle andare a messa, ma dovette tornare a casa in tutta fretta. Non riuscì neanche a raggiungere la camera da letto e partorì su un tappeto antico, decorato con grandi figure di eroi leggendari, forse qualche episodio dell’Iliade.

Il giorno della mia cresima, che ricevetti alla Scuola militare di Parigi, quando l’arcivescovo udì il nome Napoleone, sembrò sorpreso, non conoscendo alcun santo con questo nome. Allora gli risposi prontamente dicendogli che c’era una folla di santi e solo trecentosessantacinque giorni in un anno, ed era impossibile conoscerli tutti.

Di fatto prima del Concordato non ebbi mai la mia festa di onomastico; il mio santo patrono non esisteva nel calendario francese. Ai tempi dell’accorto con la Santa Sede, il Cardinale Caprare che sovrintendeva le trattative trovò un San Neopolo (Neopolus) martirizzato il 2 maggio, che aveva un nome abbastanza simile al mio (Napoleo in latino).

Si decise quindi, per saldare ancora di più i rapporti tra Parigi e Roma,  di “rinominare” il santo in questione con il nome di Napoleone, e di spostare la memoria del suo martirio al 15 agosto, giorno del mio compleanno.

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[Il Memoriale di Sant’Elena, Las Cases, Migliorini]

I giorni successivi all’abdicazione – Giugno e Luglio 1815

Domenica 25 Giugno 1815 lasciai l’Eliseo diretto alla Malmaison. Le acclamazioni della popolazione a Parigi erano ancora intense, nonostante avessi firmato l’abdicazione già il 21.

Giovedì 29 giunge alla Malmaison il Generale Becker, inviato dal governo provvisorio con l’ordine di sorvegliarmi. Fouché sapeva bene che questo generale provava del risentimento nei miei confronti e lo inviò al solo scopo di impedirmi di continuare la guerra alla testa delle truppe, che ancora gridavano in lontananza “Viva l’Imperatore”. In realtà il generale svolse il suo ruolo con molto rispetto e mi fece da portavoce quando offrii al governo provvisorio di combattere il nemico come semplice cittadino, per cacciarlo dalla Francia. Al rifiuto del governo, decisi di partire.

In pochi giorni raggiunsi Rochefort, sulla costa Atlantica francese; i membri del mio seguito ebbero delle disavventure durante il viaggio, ma alla fine riuscirono a raggiungermi indenni. Il momento tumultuoso della Francia, le notizie oscure che giungevano da ogni parte, potevano trasformare in poco tempo un amico in un nemico. A Rochefort alloggiai nella prefettura. Molta gente circondava l’edificio e ogni tanto si sentivano delle acclamazioni. Alcuni Generali vennero o mandarono emissari per mettersi al mio servizio, ma io rimango tranquillo, impassibile e indifferente.

Un luogotenente di vascello della nostra marina, comandante di un bastimento mercantile danese, si offrì di salvarmi, imbarcandomi nascosto e portandomi negli Stati Uniti. Domandò solo una piccola somma per coprire le spese del viaggio e venne steso il contratto per questa piccola impresa.

Sabato 8 raggiunsi la costa nei pressi di Fourras, mi imbarcai sulla Saale, dove passai la notte. Domenica sbarcai sull’Isola di Aix e visitai le sue fortificazioni. Alla sera alcuni uomini del mio seguito chiesero al comandante della flotta inglese se erano giunti i salvacondotti per permetterci di sbarcare negli Stati Uniti; ci fu risposto di no, che avrebbero riferito all’ammiraglio comandante sulla questione  e consigliarono di recarci in Inghilterra, dove non avremmo ricevuto una cattiva accoglienza.

Tutti i passaggi erano bloccati da navi inglesi , che perquisivano le navi neutrali. Dovevamo decidere il da farsi, e mercoledì 12 sbarcai nuovamente sull’isola di Aix, lasciando le fregate parlamentari che si erano rifiutate di tentare l’impresa, complici anche i venti contrari.

Giovedì 13 vennero preparate due piccoli chasse-marée per tentare di aggirare il blocco, e i bagagli erano già stati caricati su uno dei due.

Venerdì 14 una deputazione del mio seguito salì sulla nave inglese Bellerofonte e parlò col capitano Maitland per sapere se erano giunti i salvacondotti. Egli rispose che non aveva notizie in tal senso e che non sapeva se ci sarebbero stati effettivamente concessi. Disse però di avere l’autorizzazione ad accogliermi, qualora decidessi di raggiungere l’Inghilterra. Egli aggiunse poi che avrei trovato lì rispetto e un trattamento degno.

continua…

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[Il Memoriale di Sant’Elena, Las Cases, Migliorini]