“Oggi ci sono istituzioni, e la libertà di Stampa è una di quelle, sulle quali non si deve più decidere se sono buone, ma solo se è possibile negarle all’opinione pubblica”
La propaganda ed il controllo della stampa svolsero un ruolo di primaria importanza nella costruzione del consenso nel mio regime.
Nel Gennaio 1800 vennero soppressi 60 giornali a Parigi, prevalentemente ostili al Consolato, e ne rimasero soltanto tredici.
Si tolleravano altre pubblicazioni, stabilendo però dei limiti: non si potevano attaccare i principi della società, della sovranità, la gloria dell’esercito e neppure i governi dei paesi alleati o dei paesi ostili, se non era disposto dalle autorità pubbliche.
I poteri del prefetto furono ampliati, e gli venne infatti consentita la soppressione preventiva dei periodici.
Il controllo della stampa divenne ancora maggiore nel 1805-1806, quando grazie a due decreti si giunse a una parziale nazionalizzazione dell’informazione. I periodici già pagavano una tassa dai tempi del Direttorio, sulla base del numero di copie stampate, ma si stabilì una nuova imposta speciale per indennizzare i proprietari dei periodici proibiti, chiamata “retribuzione”. Questa mutò poi nella cessione di una parte della proprietà allo Stato, con tutti i benefici connessi. Oltre a questo, i diversi organi di informazione ricevevano sovvenzioni dallo stato in forme diverse, come prestiti, l’abbonamento di organi ufficiali, e anche attraverso la pubblicazione di testi governativi a pagamento. In questo modo la stampa risultò di fatto essere finanziariamente dipendente dal governo.
La censura fu resa pubblica soltanto nel 1806 e ovviamente la sua funzione fu fondamentale per facilitare la propaganda a mio favore. Alcuni argomenti erano proibiti, a prescindere che li si elogiasse o li si criticasse: non si potevano quindi nominare i Borbone, o parlare di questioni religiose quando ci fu il conflitto con il Papa. Non era inoltre concesso divulgare notizie sui suicidi o su certi tipi di crimini, o comunicare i movimenti delle truppe e le loro sconfitte.
Un altro efficace strumento del mio regime furono i pettegolezzi. A partire dal 1810 fu stabilito che ogni settimana il Ministero dell’Interno, che controllava la stampa e la censura, dovesse mandare ai prefetti una circolare con le notizie che non era il caso pubblicare, ma che potevano essere diffuse verbalmente.
C’era insomma una vera e propria gerarchia dell’informazione: alcuni fatti erano censurati del tutto, altri non venivano pubblicati ma erano diffusi verbalmente ed infine alcuni non venivano pubblicati nei principali giornali parigini, ma venivano diffusi da qualche piccolo giornale di provincia per poter sondare la reazione dell’opinione pubblica. Quando era necessario invece dare visibilità a certe notizie, queste venivano stampate ed appese ai muri e alle bacheche.
La mia attitudine nei confronti della stampa e della libertà di informazione cambiò decisamente dopo i dieci mesi di esilio all’Elba, quindi durante i Cento Giorni. Come probabilmente già sapete sfruttai il malcontento che il ritorno dei Borbone aveva causato in alcuni strati della popolazione per riprendere il potere, giungendo a Parigi dal sud della Francia senza sparare un colpo. Quando il Consiglio di Stato mi chiese che misure volessi prendere per mettere sotto controllo la Francia, risposi che durante i miei mesi di esilio erano state pubblicate talmente tante nefandezze contro di me che non sarebbe stato necessario più limitarla, dato che difficilmente avrebbero potuto fare di peggio. Durante i Cento Giorni, quindi, in Francia ci fu una totale libertà di Stampa.
“Signori, è evidentemente per voi stessi che volete difendere o ostacolare questa libertà; poiché, quanto a me, ormai mi sento estraneo a tutto ciò. La stampa si è esaurita a scrivere su di me in mia assenza; e io la sfido oggi a tentare di produrre ancora qualcosa di nuovo o di piccante contro di me.”
I titoli del Moniteur, il giornale ufficiale del governo, durante la mia marcia dall’isola d’Elba a Parigi:
Il cannibale ha lasciato la sua tana (9 marzo 1815)
L’orco corso è appena sbarcato nel Golfo Juan (10 marzo 1815)
La tigre è arrivata a Gap. (11 marzo 1815)
Il mostro ha dormito a Grenoble (12 marzo 1815)
Il tiranno ha attraversato Lione. (13 marzo 1815)
L’usurpatore è stato visto a sessanta leghe dalla capitale (18 marzo 1815)
Bonaparte ha avanzato a grandi passi, ma non potrà mai entrare a Parigi (19 marzo 1815)
Domani, Napoleone sarà sotto i nostri bastioni (20 marzo 1815)
L’Imperatore è arrivato a Fontainbleau (21 marzo 1815)
Sua Maestà Reale e Imperiale è entrato nel suo palazzo alle Tuileries la scorsa notte in mezzo ai suoi fedeli sudditi (22 marzo 1815)
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