La principessa Caterina di Württemberg sposò nel 1806 mio fratello Girolamo, dopo l’annullamento delle nozze di quest’ultimo con la figlia di un mercante americano, diventando regina consorte di Westfalia. Vi riporto le parole del mio Primo Valletto di Camera che la descrivono con completezza:
“Una donna molto bella e dotata delle qualità più solide. In lei convivevano una mente altamente coltivata, una naturale intelligenza, un carattere degno di una cognata dell’Imperatore che porta quasi all’entusiasmo il suo amore per il lavoro. I suoi sentimenti erano nobili ed elevati, non si mostrava mai altezzosa, e portava sempre un grande rispetto e una grande gentilezza nei confronti del suo seguito. Possedeva il dono più felice in natura, che consiste nel farsi amare da tutti.”
Una particolarità di Caterina è legata alla sua debolezza per le superstizioni; evitava, ad esempio, di sedersi ad un tavolo con tredici ospiti. Durante una cena a Firenze, giunse nella sala da pranzo e vide che c’erano tredici piatti; iniziò ad impallidire e rifiutò di prendere posto. Mia sorella Elisa iniziò a prenderla in giro, poi le scosse le spalle e le disse di non preoccuparsi, perché in realtà a tavola erano in quattordici, dato che lei era incinta. Alla fine la regina decise di sedersi, anche se con un po’ di ripugnanza.
A conclusione di questo articolo su Caterina, pubblico una lettera indirizzata a suo padre, nella quale è evidente il suo affetto e la sua devozione nei confronti del marito, nel periodo più difficile per l’Impero e per lui stesso:
Forzata dalla politica a sposare un re, mio marito, il fato ha voluto che mi trovassi ad essere la donna più felice dell’universo. Provo per mio marito i sentimenti uniti di amore, tenerezza e stima. In questo momento doloroso può il migliore dei padri voler distruggere la mia felicità domestica, l’unica che mi rimane? Oso dirvi, mio caro padre, che voi e tutta la mia famiglia fate una grande ingiustizia al re, mio marito; e spero che arriverà il momento in cui vi convincerete di aver fatto una tale ingiustizia e che poi troviate in lui, come in me stessa, il più affezionato e rispettoso dei figli.